“Oggi mi chiedo se molti disastri non
nascano proprio dalla scomparsa del cammino...”
(Paolo Rumiz, breviario vagabondo –
il mondo oltre lo schermo del tablet, La Repubblica 5/8/2016)
Piccole esperienze ascensionali
d'estate. Abetone, provincia di Pistoia, ultimo comune sul confine
Tosco-Emiliano alle pendici dell'omonimo comprensorio montano.
Stazione turistica non risparmiata da quel lento declino che sembra
colpire inesorabilmente la maggior parte dei piccoli centri italiani.
Lo raccontano gli occhi volitivi ma affaticati della titolare
dell'hotel Excelsior (lo gestisce dal 1939, salvo una forzata
parentesi per mano degli invasori tedeschi); lo racconta la voce
della pizzicagnola del paese, che ad un villeggiante in cerca di una
lavanderia a secco risponde “non ce n'è più una nel raggio di 50
chilometri”. Lo racconta, anche, il dopocena in piazza di un
giovedì d'agosto: una quindicina di giovani impegnati sul campo di
calcetto, altri 4 o 5 su una panchina con sguardi chini sugli
smartphone, altrettanti ai tavolini di un bar. Poco o nulla più.
IL SENTIERO
Abetone significa l'offerta più ampia
di piste da sci in Toscana. Ed una interessante sentieristica per le
stagioni miti. Dall'Orto botanico forestale, in località Fontana
Vaccaia, nella valle del torrente Sestaione, prende il via un
percorso affascinante sin dal nome della sua mèta: Lago nero.
Un'ora e mezza abbondante di camminata
all'insù, molto spesso ripida (si parte a quota 1300, si arriva a
1730 metri), immersa in un bosco a tratti fitto di abeti bianchi,
rossi e soprattutto faggi. Colonna sonora per la lenta risalita la
fanno le acque del torrente, che spesso corrono a fianco del sentiero
scorrazzando tra cascate e limpidi ristagni. Rari gli altri rumori;
rarissime le voci umane.
LA CASETTA
Nel mezzo di un impegnativo strappo in
salita, a metà di un percorso condotto quasi in solitaria, c'è la
casetta dei pastori. Ristrutturata recentemente dal Gruppo trekking
Val Sestaione, fu teatro di nascondigli, rastrellamenti ed eccidi
durante la seconda guerra mondiale, come ricorda un'opportuna lapide.
Oggi fa da oasi per viandanti affaticati, o da pratica soluzione per
braciate estive all'aria fina.
I PENDII
Dopo la casetta, il cammino verso il
Lago Nero pone di fronte il primo dei due tratti più impegnativi.
L'ultimo, quasi un'ora più tardi, ci imporrà di arrampicarci (ma
non servono ramponi, un buon bastone è sufficiente) tra fusti
d'albero e radici, facendo a meno del sentiero battuto. Una
sollecitazione impegnativa che prelude ad un sollievo di
proporzionale soddisfazione. In cima allo strappo finale la chioma
delle alte piante si dirada, lasciando intravedere una brughiera che
anticipa gioie per la vista. Si capisce che di lì a pochi istanti
lo sguardo spazierà ad angolo giro, senza più ostacoli d'orizzonte
sopra la testa o davanti agli occhi. E' la stessa sensazione provata
esattamente due anni prima, in cima al percorso etneo cominciato al
rifugio Citelli. Sollievo e soddisfazione che soffiano via la fatica
e il respiro reso affannoso dalla pendenza.
IL LAGO
Scopriamo le cime dei monti e i loro
crinali: l'alpe Tre potenze, il monte Gomito, quello curiosamente
ribattezzato 'libro aperto', per via della sua forma. Distinguiamo
anche l'artificiale innesto unano della stazione d'arrivo per
l'ovovia, tante volte utilizzata in inverno. Altri pochi minuti a
passo moderato, e finalmente ecco il lago: benché non nero, non
delude perché in questa giornata di sole estivo (ma non opprimente)
ben simboleggia il ruolo centrale dell'acqua, nell'armonico convegno
di manifestazioni della natura. Il verde delle piante di mirtillo che
disseminano i prati cangia con il grigio delle rocce e l'azzurro del
cielo, che tutto sovrasta.
Poco sopra al lago una casupola
adattata a bivacco;
tutto intorno qualche tavolo per spuntino, escursionisti di varia
specie ed età, spalmati sulla ulteriore rete di sentieri che da qui
si prolunga verso le parti più alte dei monti. Micro-folle di
villeggianti che godono della natura rispettandola e consentendo ad
altri di fare serenamente altrettanto, Una manna per vista e cuore.
Dalla finestra del bivacco intravediamo
i letti a castello a disposizione di chiunque voglia pernottare
portandosi l'occorrente. Di fianco, un ristoro sui generis dove –
voce non verificata direttamente – due giovani osti in kilt
dispensano crostate al solo costo di un sorriso (ovvero: a offerta
libera).
Il dislivello rende impegnativa anche
la ridiscesa dal lago verso valle. Certo non quanto la salita, e in
meno di un'ora siamo al punto di partenza; ovvero, all'ingresso
dell'Orto botanico forestale. Che vale la visita, sia per
l'assortimento di specie vegetali autoctone e non, sia per la
passione con cui i volontari-studenti di scienze naturali fanno
strada dispensando nozioni e curiosità.
E una volta di più, poche righe non
rendono giustizia alle sensazioni raccolte in cammino. E al benessere
che ne consegue.