L'uno-due
di Genova il giorno dopo la ricorrenza della Liberazione, anno domini
2013: in basso, area porto antico, serpentoni di famiglie in coda per
entrare all'Acquario, in alto, sotto i portici di via Venti
settembre, un mendicante con esplicito cartello-appello ogni cento
metri. Nessuna della due immagini è realmente nuova, ma in una
fase come questa per questo Paese, assumono una valenza particolare.
Fanno il paio con le code d'auto in cerca di parcheggio e della prima
spiaggia stagionale, viste a Varazze il giorno prima, e con la
scarsità di gente in giro alla sera di quello stesso giorno.
Sensazioni miste, disarmoniche, un po' come il colpo d'occhio su
Genova tutta che si ottiene posizionandosi ai Magazzini del Cotone,
guardando verso l'interno. Oggi più che mai, Genova ti appare
tutto fuorché ordinata, dal lato urbanistico: ammassi di
stili e volumetrie, campanili affogati in scenografie dominate da
casermoni, e così via. Non per questo il disordine annienta il
fascino: scendere o salire tra le vie centrali e l'area del porto,
attraverso i carrugi, dà ancora il senso dell'intimità
di una città, benché in molti punti inevitabilmente
globalizzata. A giudicare da presenze e dal cartellone eventi, il
rilancio del porto sembra operazione efficace anche nel lungo
periodo; nelle vie principali l'assortimento commerciale sembra
ancora tener testa alla generale morìa di vetrine. Resistono
caffè invitanti, pasticcerie e soprattutto focaccerie, dove
torte salate e farinate danno calda sensazione di autenticità.
Mai quanto quella della signora con fazzoletto in testa ed almeno 70 anni addosso, che su uno sgabello lungo via degli Orefici dispensa suoni di fisarmonica e un sorriso sereno, nonostante il suo mendicare.
domenica 28 aprile 2013
martedì 9 aprile 2013
Re-infarinata lucchese
Domenica d'inizio aprile
a Lucca, dopo lunghi anni di assenza, e dopo alcune settimane in cui
ti rimbalza in testa la convinzione che questa sia oggi la città
toscana dove si vive meglio (o meno peggio). Sole timido, ma quanto
basta per far sciamare in quantità sui bastioni della Fortezza
residenti e visitatori in quieta quantità. La pletora di
chiese dallo stile romanico o gotico-lucchese richiama alla mente il
luogo comune del potere che da queste parti storicamente mantiene
l'istituzione cattolica; entrando in Duomo è motivo di
soggezione in più, solo in parte stemperata dall'osservazione
di Ilaria del carretto, del suo cagnolino e dell'altro capolavoro che
in sagrestia li sovrasta, il Cristo deposto di Lippi.
Scoprendo vie
principali e attigue, pare che l'offerta commerciale sia ben meno
decadente che altrove, e salta agli occhi la ridondanza di negozi
specializzati in cioccolato. Una volta vista piazza Napoleone ci si
chiede come possano qui ogni estate esibirsi rockstar senza colpo –
architettonico – ferire, e contemporaneamente altre città
farsi tanti problemi in proposito. Scemato il sole e tornata l'aria
appena un po' frizzante, è provvidenziale una calda e saporita
farinata lucchese (da soupintown, piazza san Giusto), e non dimeno,
il rosso Arcipresso che l'oste ci consiglia; poco più tardi
assaporiamo finalmente la causa di quel motivo in più che ci
aveva convinto a venire a Lucca proprio oggi, ovvero le esibizioni di
ballerini in piazza (San Michele, per esempio) per il Lucca Dance
Meeting.
Avviati verso il recupero dell'auto fuori fortezza, ci
sovviene il dubbio che non possa essere un po' alienante, per un
cittadino lucchese (come certi gironi manicomiali di un tempo), il
ricondurre buona parte del proprio tempo libero a girare in cerchio
lungo i bastioni del forte. Il tenore dei problemi d'attualità
intravisti poco prima su un giornale locale, confrontati a quelli di
altre città neanche lontane, ci riporta in mente l'ipotesi di
partenza. Ovvero che Lucca, oggi, è forse davvero quanto di
meglio vivere in città, perlomeno da nord a sud della Toscana.
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