Metti
un posto tra colline e montagne toscane dove puoi portare i bambini a
cavalcare, sguazzare in piscina, arrampicarsi...e magari lasciarli da
soli, in mani fidate, anche per una settimana. Che sarà mai,
potresti obiettare: non hai mai visto parchi divertimenti o villaggi
vacanze? Certo che sì, a decine. Ma in quanti di questi a tuo figlio
sarebbe concesso tutto questo se lui fosse affetto da sclerodermia,
spina bifida o 'semplicemente' preda di un malaccio?
A
DYNAMO CAMP SI'. Ovvero, in questo posto sulla montagna pistoiese
che da nove anni è la nuova veste per l'appendice rurale (1200
ettari) di un'industria di lavorazione del rame. Da almeno 6 o 7 anni
conoscevo l'esistenza, da 3 una volta all'anno ci son passato
davanti. A un anno fa risale la prima testimonianza diretta di una
persona di mia conoscenza. E l'arrivo della primavera di quest'anno
mi ha portato anche l'occasione di toccare con mano, ma direi meglio
con cuore. Uno stadio di conoscenza intermedio, non del tutto
compiuto: forse mi fermerò qui, oppure chissà. Nel weekend in cui
Dynamo ha aperto le porte a me e ad altri 160 (di ogni parte d'Italia
e di ogni età, tra i 20 anni e gli oltre 50) i veri suoi
protagonisti non c'erano. I campers (gli ospiti bambini) arriveranno
a decine a partire da aprile, ripartiti in sessioni week end o
settimanali. Stavolta c'erano solo gli aspiranti dynamici: volontari
disposti a imparare e poi attuare uno specifico metodo organizzativo
e di approccio alla persona, continuamente ondeggiante tra rigida
disciplina e flessibilità improntata al buon senso, e al buon cuore.
LA
SCIA DEGLI OCCHI DI GHIACCIO. Questo suggestivo habitat naturale con
innesti di architettura razionalista è per certi versi un pezzo di
States trapiantato in Toscana. il suo big bang fu Serious FunFoundation, il suo antenato Paul Newman nell'anno domini 1982.
Seminatori in Italia l'imprenditore Enzo Manes, Serena Porcari, lo
staff e i vari partner aggregati a partire dal 2007. E' a loro che si
deve l'italian way of Dynamo: un mix di sogno americano, strategia
del passa parola, visione profit e azione no-profit. Una vera impresa
sociale (una delle 15 realmente attive oggi in Italia, secondo la
Vicepresidente) che per nascere ha fatto leva sul fund raising
piuttosto che sulle prebende statali; per crescere, sulla brand
extension, il co-marketing, la declinazione di spazi e competenze in
ambiti anche molto diversi (ma non antitetici) da quello originario.
Tutto per rendere possibili vacanze “da sogno” (o addirittura, la
scoperta di virtù sopite) ad un numero crescente di bambini (60 nel
2007, quasi 1300 l'anno scorso) che per i 'problemini' che si portan
dietro altrimenti non potrebbero viverne. E invece: qui possono fare
sport, sprigionare creatività artistica (affiancati a volte da
tutor quotati alle aste internazionali), andare in onda su una vera
radio. Soprattutto, possono condividere emozioni e stupori: con
coetanei simili per sventure e voglia di vivere, con i genitori, i
fratelli 'sani'. E con i volontari, alcuni dei quali diventati tali
una volta maggiorenni, dopo aver vissuto l'esperienza da ospiti.
Alcuni
di questi erano tra noi. Noi, che sulla soglia della primavera 2016
abbiamo vissuto 51 ore di singolare “formazione”: un po'
convention, un po' speed date, molto mettersi alla prova, tantissimo
cibo per l'anima. E una messe di informazioni su come maneggiare
quelle fragili perle che saranno i piccoli protagonisti del campo.
Difficile raccontare queste due giornate; c'è chi l'ha fatto già
meglio di me. E chi lo farà: potenzialmente, chiunque in buono stato
di salute ed in grado di dedicare almeno due week end lunghi alla
causa. Oppure, semplicemente di partecipare all'Open day in cui
almeno una volta all'anno il camp si apre a tutti, bambini sani in
primis. Magari sarà sufficiente per scoprire cos'è un “responsabile
di casetta”, o come comportarsi se due bimbi emofiliaci si
accapigliano per le carte Uno. Ma soprattutto, che WIN non è solo
un verbo chiave nello slang americano. Piuttosto, un micidiale
acronimo: “What Is Normal?”...