sabato 5 ottobre 2013

Ventagli di Squillace

Te lo trovi d'improvviso davanti, sotto all'ombrellone. Sembra un coetaneo di tuo figlio, di poco appena più grande, sui dieci anni forse, in procinto di chiedergli di giocare insieme sulla spiaggia.

Invece sta vendendo ventagli, questo è il suo passatempo imposto per tutta quella giornata di sole a picco sul mare di Squillace. Ti lascia senza parole, l'istinto ti matura in viso la consueta smorfia che opponi a chi non dovrebbe chiederti elemosina, perché nelle tue aspettative di cittadino civile dovrebbe provvedere lo stato sociale ad evitare che te lo chieda. Eppure ti rendi conto che in questo caso, più che mai, quel tuo gesto è immediato quanto vuoto. Meglio fa tua moglie, che quantomeno gli offre chicchi d'uva, che lui non si fa pregare di accettare, ringraziando.

Se ne va via assaporandoli, riprendendo il suo incedere a zig zag tra gli ombrelloni, quasi da scheggia impazzita.

Riappare nel pomeriggio, sul bagnasciuga, mentre tu tuo figlio e i suoi cugini state giocando con la palla. Stavolta ha in mano degli accendigas, mentre il volto più sorridente del mattino sembrerebbe in procinto di dirti “eccomi, gioco anch'io”. Invece ai piedi ha sandali chiusi, stenta nel riprendere la sua strada sulla sabbia; da imbonitore forzato stenta a fare una proposta senza convinzione ad uno degli ombrelloni nei paraggi.

Non è solo, stavolta: tra le file dei villeggianti si accoda una bambina, probabilmente sua sorella, nella cui mano appaiono i ventagli della mattina. Poco più avanti c'è un adulto, penso il padre, con altre minutaglie in mano. Il passo è spedito, segnale inconscio che va a finire una giornata che magari non è andata male, come vendite; sembra una sereno menage familiare, eppure quella vista ti lascia ancora muto e sgomento. Vorresti magari che tuo figlio non vedesse queste scene. Di più: vorresti che nessuno le vedesse, se non si verificassero. L'istinto ti porta a prendertela mentalmente con chi fa le veci di quei bimbi, un pensiero superficialmente succube di una visione che ignora le verosimili attenuanti che a quegli adulti potrebbero essere concesse da un destino molto più gravoso della loro volontà.

La mente appena più lucida corre al ricordo di quel bambino di Petra, a cui comprasti un amuleto dietro la promessa che il giorno dopo sarebbe andato a scuola; od a quei profughi che in quest'estate calabrese tornano di nuovo in brutale attualità.

Brandelli di pensiero buoni per ravversare il tuo presente, o per render ancora più effimero il tuo voler 'evadere' dal quotidiano, mentre il quotidiano di tante gente sulla terra è ancora questa.

L'importanza di un parco in città


Parigi, Vienna, Londra più che mai. Ma anche Valencia, Manila, Oslo. Per non dire di New York, dove non sono stato. Certe grandi e famose città nel mondo sono tali, spesso, per motivi molto diversi tra loro. Ma qualche comune denominatore in positivo lo hanno. Uno dei meno appariscenti forse, ma tra i più importanti - specie per chi ci vive - sono i parchi: aree verdi più o meno vaste, a volte vere e proprie oasi sconfinate dentro la metropoli. Un'evasione salutare per il corpo e per la mente a portata di mano o... di metropolitana, specie per chi dalla campagna vera resta lontano magari per anni.

Anche per questo, probabilmente, il valore dei parchi lo si apprezza soprattutto nelle città più grandi. Eppure, per il famoso adagio per cui 'è tutto relativo' il loro apporto ad una vita quotidiana più sopportabile può essere fondamentale nei piccoli centri. Cito per prima in questo senso Valencia, che è sì città grande ma molto meno di una Barcellona o Madrid, e che con il recupero del letto del suo fiume ha creato un' ambiente sociale efficace quanto geniale; oppure Parma o Lucca, dove la cinta muraria che gira tutto intorno al centro storico offre benessere per gli occhi prima ancora per il resto della persona.

Ci sono centri, anche mirabili, dove questi polmoni di vita condivisa, oltre che d'aria più sana, mancano. E dove magari di questa mancanza si prende atto solo quando esce fuori qualcosa che ti fa chiedere: “perché non è venuto fuori prima?”.

Cito tra questi, con cognizione di causa, il caso di Siena, dove da circa tre anni persone di tutte le età possono beneficiare di un vero parco pubblico, inteso come uno spazio distaccato dal traffico in cui fare attività di vario tipo all'aria aperta, dotato di un minimo di 'arredo urbano' utile allo scopo. Si tratta del cosiddetto Parco di Pescaia, a cui si accede dall'omonima via di scorrimento che corre poco fuori il centro storico della città. Il parco è stato ricavato in un'area rimasta inutilizzata per alcuni decenni, dopo essere stata impiegata come poligono per il tiro a segno. Traccia residua di quell'epoca sono alcuni parallelepipedi in muratura volutamente mantenuti integri dal progetto di ristrutturazione. Intorno, più o meno dall'inizio del 2011, ecco il parco: ha una forma abbastanza insolita, esteso in lunghezza su un piano inclinato che è del resto in sintonia con l'orografia tipicamente collinare della città.


Vi si accede da un parcheggio piuttosto capiente, anch'esso realizzato in parallelo al parco, e che nei giorni di particolare afflusso di esterni alla città diventa una soluzione abbordabile anche per lasciare la macchina diretti al centro. Ma torniamo al parco: la prima area in cui s'imbatte il visitatore è quella per bambini, attrezzata con circa una decina di giochi tra scivoli, altalene, animali a molla ed una carrucola che spesso è meta di svago anche per teenagers. Sulla destra l'area per cani, uno spazio recintato di circa 300 metri quadri evidentemente riservata ai quattrozampe ed ai loro padroni (anche se, all'atto pratico, non manca chi fa 'sgambare' il proprio cane nel resto del parco, a rischio di multa). Salendo verso la la parte alta dell'area troviamo due barbecue circondati da alcuni tavolini con panche, particolarmente gettonati nei fine settimana di bella stagione (ma anche nei mesi meno caldi, se c'è il sole pieno) da comunità straniere residenti in zona, e non raramente utilizzati anche da famiglie locali per merende o feste di compleanno en plein air. Ancora più su ed ecco l'area fitness: undici attrezzi tipici da palestra a disposizione di chiunque per tonificare il corpo. A chiudere, nell'estrema parte alta, un sentiero a salire che permette di uscire (o entrare) dal parco anche da un'altra strada, ovvero via Avignone.

Le varie aree del parco sono collegate da una pista ad anello lunga circa 900 metri, asfaltata in due diverse colorazioni per stimolare i pedoni (runners o passeggiatori che siano) e gli altri (ciclisti o pattinatori) a convivere senza danneggiarsi. Qua e là ci sono le panchine: alcune di tipo tradizionale, ed altre senza spalliera realizzate in mattoni dai paracadutisti della vicina caserma La Marmora.

La descrizione del Parco di Pescaia a Siena, in sostanza, finisce qui: un niente di speciale comparato a quanto da tempo si può trovare in molte località anche simili (e anche rispetto al grande 'parco urbano' progettato a Siena nei primi anni Duemila e mai iniziato, ma questo è un altro discorso),  ma che in questa città mancava. Il risultato è che le presenze in quest'area ritrovata sono in crescita, eterogenee per età ed etnie, e senza che finora le dotazioni del parco ne abbiano risentito.

Nel parco così com'è ora spicca una vera, grande pecca: la mancanza di servizi igienici, non previsti nel progetto iniziale. Anche la manutenzione ordinaria potrebbe essere un po' più tempestiva; ad inizio estate 2013 l'erba alta, qualche weekend molto affollato ed il vento che aveva sparpagliato i rifiuti dai cestini stracolmi avevano fatto temere per un degrado incipiente. Fortunatamente di lì a poco chi doveva intervenire lo ha fatto e il peggio è stato evitato, almeno per ora. E speriamo che la spietata spending review che miete vittime nei servizi sociali di questi tempi a Siena non meno (forse più) che altrove risparmi in futuro questi piccoli spazi di comunità.