lunedì 29 settembre 2014

Napoli, paradosso Italia

Napoli oggi è, tra le tante, la storia di Giuseppe, riuscito a scappare dalla droga e da un destino segnato dal carcere, per arrivare ad essere un produttore cinematografico. Grazie a un compagno di cella che lo stimolo' a leggere e scrivere. Ad una moglie che l'ha sposato in carcere. A determinazione fortuna e chissa' cos'altro.

Napoli oggi e' Maria, che in una parrocchia del Vomero affianca un giovane parroco nella sfida di appassionare i giovani al messaggio cristiano ricorrendo a tecniche da musical per vivacizzare le funzioni; ed è suo padre Davide, ex pilota d'aeronatica, solare e in pace con la vita nonostante gli 80 anni suonati e la chemioterapia in corso.
E' Saverio, che in uno scantinato malsano delle Vele a Scampia ripone gli ombrelli che tenta di vendere abusivamente, per raggranellare spiccioli da spendere in quella 'roba' che si inietta al buio di quello stesso scantinato. Sempre piu' spesso, perché l'astinenza lo divora.

E' Marco, che in una delle stanze murate in quelle stesse Vele all'eta' di 14 anni ha trovato la paralisi agli arti, per una capriola sul letto finita male. E che da allora ha iniziato un progressivo degrado, tra una scuola divenuta impossibile da frequentare, un padre detenuto, una madre con problemi di salute e che lavora saltuariamente. Amici spariti, servizi sociali assenti, una sedia a rotelle come compagna.



E' Angelo, che dalle Vele scappa ogni sera per andare in centro. A sognare un futuro da ballerina trans e a finire le notti sui marciapiedi, dove una trentina di uomini belli e sposati si alternano per caricarla, mentre il suo domani e' sempre piu' un ''disastro''.
Napoli è ancora Ciro, il fotografo dei matrimoni, che regala illusioni da moviestar a promessi sposi di umili famiglie, portandoli a fotografarsi a Vietri sul mare o simulando interni da reggia nel cortile di casa.

Napoli è Spaccanapoli, il panorama da Castelsant'elmo, la passeggiata senza traffico e sotto il sole tra Plebiscito e Casteldell'ovo in una tranquilla mattina di fine agosto. E lo sdruscio di piazza vanvitelli, e tanto tanto altro ancora. Ma soprattutto, più che altrove, è I volti segnati e le storie di chi la vive, la subisce, la impone: le storie come quelle menzionate qui sopra, con nomi di fantasia, alcune conosciute di persona in una giornata di un mese fa, altre viste qualche sera fa, a I Dieci comandamenti, su Raitre.

E Napoli e' l'Italia, con i suoitratti affascinanti o terrorizzanti portati all'estremo. L'Italia dei festini con la droga, a Roma come a Siena; della prostituzione in tutte le salse, a Treviso come a Bologna. delle storie segnate dai malanni, delle storie di coraggio e redenzione. L'Italia all'ennesima potenza del paradosso.

domenica 7 settembre 2014

2014, contrasti d'oriente in Sicilia

Calda e struggente. Opaca, controversa e intrigante. E soprattutto ricca di contrasti. Cosi' mi appare la Sicilia orientale assaggiata per la prima volta in quattro giorni a fine agosto 2014. Mai seriale, sempre diversa: da città a città, da voce a voce. Cominciando da Messina, il suo volto di benvenuto arrivando via terra-mare, quello meno ricco di passate bellezze. Giocoforza, dato il disastroso terremoto di un secolo fa e la monotona front line di palazzoni che gli ha fatto seguito con la ricostruzione.


Dirigersi verso sud in auto uscendo dalla città è già addentrarsi in un mondo a parte, rispetto al 'continente'. L'autostrada non si paga, e non perché strutturalmente priva di caselli come la Salerno-Reggio calabria, ma perché oggi i casellanti sono in sciopero per rivendicare aumenti salariali, e così sarà anche per i tre giorni a seguire. 
 
All'ora di pranzo il centro di Taormina, prima tappa giù dalla macchina, sa quanto basta di luna park turistico-commerciale. Data la calura e i tempi stretti ci priviamo del suo luogo più noto, ovvero il teatro antico con vista su mare e vulcano; a parziale risarcimento scopriamo Castelmola, abbarbicato (e ben meno affollato) borgo di quota dal quale l'Etna sembra quasi più vicino del mediterraneo, e le fuliggini che svolazzano sul chiaro lastrico paiono confermarlo. 
 


Fa già molto caldo, e in quest'estate tutt'altro che tale nel resto d'Italia l'annotazione è per niente scontata. Già rispetto all'altro lato dello Stretto, ovvero la Calabria, la differenza si avverte distintamente. E dato che le cose assumono valore soprattutto in base al contesto in cui si trovano, ecco che con questo clima diventa impareggiabile a fine pomeriggio sorseggiare acqua, limone, soda e sciroppo di menta: e' il seltz (meglio: una delle sue versioni) bevanda tanto diffusa tra Acireale e Catania quanto sconosciuta nel resto dell'isola. La scopriamo alla Villa Belvedere, area verde di Acireale con balcone a vista mare, di nuovo aperta al pubblico da un paio di mesi dopo lunghi anni di oblio. La villa e' il capolinea della nostra passeggiata per il centro di questa città, florilegio di cose notevoli e inattese: una piazza dove cattedrale e duomo sono due edifici distinti e affiancati, un'altra dove all'imbrunire colori accesi di verdure e frutta esposte in strada prolungano la vivacità del mercato del pesce, a quell'ora dismesso ma sempre percepibile negli odori. E poi San Sebastiano, primo stupendo esempio di barocco siciliano eretto in pietra cosi' diversa da tutte le altre da ricordarci quanto visto e vissuto a Lecce. Gli affreschi di Paolo Vasta sono altra imprevista scoperta, al pari delle recenti innovazioni nell'arredo urbano (con il 'risucchio' di parte della sede stradale nella principale via Umberto a vantaggio di biciclette e dehors per i negozi), di un tessuto commerciale apparentemente vivo e molto assortito (macellerie in quantità, forni, gallerie 'arte, perfino rivendite specializzate in olii e altri liquidi per motori), e più in generale, di un colpo d'occhio su Acireale che risulta ben migliore rispetto alle nostre vaghe aspettative di partenza.
 




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Catania, eleganza e decadenza


Catania moltiplica questo schema narrativo, e non solo per fattori demografici. la sequenza scoperte-contasti-emozioni si ingigantisce agli occhi del neofita nel piu' grande centro della Sicilia orientale. Nel conoscerla, mai avrei pensato di cominciare da una sede universitaria. Entrare al monastero dei Benedettini, sede di Lettere e filosofia, e ripetutamente affascinante: per i bugnati in facciata che rimandano ai Diamanti dell'omonimo palazzo ferrarese, le suggestioni moresche del giardino-chiostro, la prospettiva dei lunghi corridoi adibiti a sale di studio, il fuoco dei giovani occhi incorniciati da sembianze piene di vita che vi si aggirano.

D'altronde quella che vi si svolge intorno è una parte di città che appare viva e ricca di originali stimoli: l'anfiteatro-odeon, uno dei pochi lasciti romani sopravvissuti al sisma; il Nevsky, primo e comunistissimo pub a nascere in città, capostipite di una ridda di locali che di notte spianano folle su marciapiedi e scalinate di vicoli. E poi le singolari piastre commerciali di via de Plebiscito (solo negozi di divani o carne di cavallo), via santa Chiara (solo imprese funebri, oltre all'anagrafe), via "de' buttuni". Il filo rosso ( o meglio: nero-lava) che si dipana lungo il percorso e' il tono decadente delle architetture, scaturito dell'ampio ricorso alla pietra lavica, ma non solo. Graffiti e scritte sui muri presenti in misura spesso eccessiva (vedi la la notevole chiesa sconsacrata di San Nicolò che affianca il monastero ) denotano ad un tempo vivacità disagio e densità di menti e mani giovani. Il cuore del centro apparentemente fa eccezione, lasciando spazio a scenari da avvenente salotto urbano nella piazza del Duomo. 


 
Basta varcarne la più antica delle uscite (porta Utzari), ritrovandosi nei suoni e odori da fine mercato del pesce, per convincersi che Catania, metafora di Sicilia, non è fatta di soli luccichii. Basta girare tra i banchi della “Fera”, il mercato ambulante che va in scena ogni mattina poco distante, per vedere che il posto al sole non è solo per le cose belle e pulite, ma anche per i cd e dvd piratati al costo di un euro e le migliaia di altre merci vendute abitualmente senza un brandello di scontrino. 


 

Oppure informarsi su Librino, portato a esempio di riconversione sociale resa possibile grazie all'arte, e capire che quel quartiere resta tutt'altro che un posto da spensierate contemplazioni. Oppure ancora: gettare un occhio sulla cronaca, che durante i nostri giorni catanesi ha 'proposto' un familicidio (moglie-più-figlie) ad opera di un cittadino rimasto da tempo senza lavoro, e nuovi drammatici capolinea per gli orrendi scafi della morte che, dall'inizio del 2014, hanno già 'prodotto' quasi 1600 decessi tra persone in cerca di asilo o di un qualche lavoro. Per non dire della mafia, che in questi tempi se ne sta zitta, ma è lì.

Poi ci sono anche le 'ciminiere', ex sito industriale a ridosso del mare protagonista di una riconversione come centro culturale; il porto di Ognina, Aci trezza e i faraglioni di Polifemo, Aci castello con il suo maniero a forma di nave. E l'Etna, soggetto catalizzatore di un mondo a parte, ma non troppo.



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Siracusa, bellezza a sé

Poi c'è Siracusa. La meta di cui avevo maggiormente sentito parlar bene, negli ultimi tempi, tra quelle opzionate; ma al tempo stesso, quella di cui conoscevo meno cose in assoluto. La ricchezza del suo territorio, ad esempio. Fa troppo caldo per prendere ' di petto' la scoperta della città in pieno giorno, e allora nell'attesa ci ritroviamo sulla sabbia di Fontanebianche: chi ci fa strada punta sul lido Sayonara, uno stabilimento balneare che dovrebbe permetterci di fare doccia completa prima di lasciare il mare. Non sarà così, ciononostante la variante ci permette di trascorrere alcune ore in un'acqua stupenda, contornata da una struttura di livello, popolata ma non caotica, capace nelle notti di estate di ospitare esibizioni riempipista del calibro di Bob Sinclair o J Ax.


Arrivandoci, ci rendiamo conto che Avola è a un tiro di schioppo, poco più in là c'è Noto, ancora un po' e arriveremmo a Ragusa...anziché al volante ci sembra di essere nella vetrina di una pasticceria siciliana, dove ogni momento compaiono nuovi cannoli, impossibili da rifiutare. Riusciamo a resistere all'indigestione, promettendoci futuri ritorni in queste lande, per completare l'assaggio.
Ora è metà pomeriggio, orario sostenibile per visitare l'area archeologica di Siracusa. La luce è giusta per scrutare la prospettiva della città e del suo porto dalla sommità dell'anfiteatro greco. Il cuore sorride pensando che questo luogo va ancora esaurito a distanza di millenni dalle prime rappresentazioni di Eschilo (quest'anno è toccato alla sue “Vespe”), e si riscalda nel notare tra i visitatori vicino a noi anche una famiglia di colore, 'nonostante' il chador indossato da una delle donne (l'altra è una stupenda bambina).




Meravigliati per l'orecchio di Dioniso e la storia che vi si è consumata intorno, raggiungiamo a seguire la città, sul fare del tramonto. Non siamo in tempo quanto avremmo dovuto per poter apprezzare a pieno l'effetto della luce radente sui palazzi, ma quanto basta per accrescere di ora in ora la nostra meraviglia. Ortigia, l'isola-centro della città, ci appare un gioiello: non di quelli da guardare e non toccare, piuttosto una preziosità alla portata di tutti, ed a cui tutti sembrano aggiungere valore rispettandola. La piazza del Duomo è un salotto stupendo, il barocco ai suoi massimi, forse anche perché 'contaminato' con il passato (le colonne doriche incastonate nella cattedrale). Le vie d'intorno, e i palazzi che vi affacciano, formano un proscenio ideale, disposto con armoniosa casualità. Arrivare fino a castello Maniace, passando per la fontana di Diana è un compiacimento continuo. 








 

Quel che stupisce ancora di più è la vitalità del luogo. In una giovedì sera estivo uno sciamare continuo di persone, famiglie coppie gruppi, mai chiassose, spesso sorridenti. Turisti, ma ancor di più residenti o limitrofi. Vetrine originali, bar variopinti. E in seconda serata, frotte di giovani a piccoli gruppetti che continuano ad arrivare, destinati perlopiù ai diversi locali che propongono musica dal vivo. Fermandoci casualmente in un bar in cerca di una mezza minerale da portar via, ci imbattiamo casualmente in arie mediorientali e due ragazze intente nella danza del ventre, non per esibizione ma per puro diletto.

Esci da Ortigia convinto che a Siracusa si viva di bellezza, nel patrimonio condiviso come nella vita dei singoli che la abitano. Camminando tra l'isola e la stazione ferroviaria, dove abbiamo parcheggiato l'auto, rafforzi la tua convinzione notando come nessun edificio sia marcatamente dissonante o mostruoso, rispetto al resto dell'architettura eretta in varie epoche. C' è un palazzo pluripiano rimasto incompiuto privo di porte e finestre: una sbavatura che è oro, rispetto a quanto di ammezzato o madornale si osserva a in gran parte dei centri abitati della Calabria, per fare un paragone a portata di Stretto. E men che mai, a Siracusa come nel resto della Sicilia sin qui visitata, capita di osservare quei ferri arrugginiti che spuntano sui tetti delle abitazioni, in cerca di estensioni chissà quando future. 
 
Siracusa, dunque, splende; almeno ai nostri occhi superficiali. Splende a dispetto della sua notorietà secondaria, del non avere squadre calcistiche di grido (campione d'Italia sì, ma di...canoa-polo), del suo essere così 'lontana'. Chiedi com'è possibile, e ti rispondono che hanno saputo fare investimenti giusti, puntare sul turismo in modo efficace (vedi i pannelli informativi touch screen, predisposti anche per i 'selfies', installati da poco in vari punti del centro storico).

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In controluce, tra illusione e riconversione

Ma ci dev'essere qualcosa d'altro. Che sia cosa... nostra? “Qui c'è, ne più né meno che nelle altre città siciliane”, mi dicono, “a parte Trapani, dove ce n'è più che ogni dove, anche se non sembra”.
Qualcos'altro....lo vediamo tornando indietro lungo l'autostrada. La segnaletica annuncia la prossima uscita: Priolo. Di li a poco, improvvisamente, davanti ai nostri si materializza una distesa di luci, più o meno grandi: è la zona industriale, quella chimica, petrolchimica e delle raffinerie. Che alla gente di questo territorio ha dato e dà ancora molto lavoro, probabilmente anche ben pagato. E che a quella stessa gente, difficile non crederlo, ha tolto moltissimo in termini di salute. Le cronache recenti parlano di un avviato processo di riconversione in chiave sostenibile, capace di mantenere aperti i rubinetti di salario dando un giro di vite a quelli del malessere. E di sostenere quelle infrastrutture capaci di valorizzare ciò di bello e originale offre il territorio. I frutti della terra, non di meno: i fichi d'india, i pomodori, le melanzane, i capperi, l'uva, il latte. E ciò che diventano sui banchi alimentari o nei piatti dei ristoranti. Anche in una banale pizza: quella ai quattro formaggi siciliani, assaggiata al ristorante il Duomo di Siracusa.

In realtà, anche in questo caso, tra il dire e il fare c'è di mezzo molto. La presa d'atto che quell'insediamento industriale costituisce un grosso problema sanitario risale al 1998, attraverso un apposita legge; ma da allora molti degli interventi di bonifica previsti hanno incontrato ritardi, o sono rimasti sulla carta. Il fatto nuovo rispetto ad allora è la collaborazione di parte delle aziende coinvolte; il fatto vecchio è la frammentazione di competenze pubbliche che frena (o fornisce alibi) l'attuazione degli interventi.

Insomma, prima che il lato 'chiaro' di Siracusa prevalga su quello 'scuro' occorrerà quindi ancora tempo, e prezzi alti in termini di salute umana. La metafora ben si presta ad essere adattata a tutti i contrasti chiaroscuri che abbiamo percepito in quattro giorni di Sicilia: lo spirito di accoglienza e la gestione dell'immigrazione, l'operosità imprenditoriale e la criminalità organizzata...

Andiamo via con la voglia di tornare. E con l'illusione che “rinconversione e bellezza” sia un modello credibile per Siracusa come per tanti parti d'Italia. Nell'attesa, tra le poche salde certezze c'è la squisitezza di alcune delle persone incontrate, prime tra tutti i nostri sicilian trainer (chissà come si traduce in catanese): Chiara e Mario.



4/4 – fine.


Approfondimenti
Messina:


Taormina - Castelmola:


Acireale:
San Sebastiano: www.sansebastianoacireale.com/


Catania:


Siracusa:


insediamenti petrolchimici: